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Meta sperimenta chatbot proattivi per riattivare le conversazioni e rafforzare il legame con gli utenti
Con il progetto “Omni”, l’azienda introduce assistenti digitali capaci di memorizzare interazioni, avviare chat in autonomia e favorire una comunicazione più costante e personalizzata, rispettando limiti precisi per non risultare invasivi
Isabella V5 luglio 2025

 


Meta, attraverso il progetto “Project Omni”, addestra chatbot proattivi capaci di riavviare conversazioni basate su precedenti interazioni, inviando un solo messaggio di follow‑up entro 14 giorni dalla prima chat. L’iniziativa mira a migliorare coinvolgimento e fidelizzazione.

Punti chiave:

  • Progetto interno denominato “Project Omni”.
  • Bot personalizzabili via AI Studio avviano chat in autonomia.
  • Condizioni: almeno 5 messaggi in 14 giorni, un solo follow‑up entro tale finestra.
  • Obiettivi: maggiore engagement, contrasto alla solitudine, ricavi stimati fino a 2–3 mld $ nel 2025.

Meta sta sperimentando una nuova generazione di chatbot basati su AI, progettati per trasformarsi in assistenti personali attivi e non semplici strumenti reattivi. I documenti trapelati, analizzati da Business Insider, indicano che questi agenti – creati tramite AI Studio e supervisionati dal partner Alignerr – acquisiscono la capacità di riattivare conversazioni spontaneamente, citando passaggi precedenti e inviando suggerimenti personalizzati, come “Hai scoperto qualche nuova colonna sonora?”. Il progetto interno, denominato “Project Omni”, fa emergere una strategia duplice: da un lato sociale, nel tentativo di contrastare la cosiddetta “epidemia di solitudine” evidenziata da Mark Zuckerberg, dall’altro commerciale, con l’ambizione di consolidare l’engagement su Instagram, Facebook e WhatsApp e incrementare i ricavi da AI generativa, stimati tra i 2 e i 3 miliardi di dollari per il solo 2025.

Il funzionamento prevede che solo gli utenti attivi – quelli che in almeno 14 giorni hanno inviato un minimo di 5 messaggi – ricevano un solo follow‑up. Se non rispondono, il chatbot non insiste, garantendo rispetto per la privacy e controllo da parte dell’utente. I messaggi vengono anche filtrati da revisori umani, che utilizzano strumenti interni come l’SRT di Meta per valutarne qualità, tono, aderenza alla personalità del bot e conformità alle linee guida aziendali, evitando argomenti sensibili a meno che non siano sollevati dall’utente.

I chatbot vengono definiti dall’utente con ruoli specifici – dal consulente cinematografico al personal chef –, il cui stile e campo semantico vengono plasmati durante il processo di training. I prototipi, tra cui spicca “The Maestro of Movie Magic”, mostrano bene la direzione: impostano un tono amichevole, contestualizzato e propositivo, tipico di un assistente digitale che cerca di mantenere il filo conversazionale vivo.

Non è il primo tentativo di questo tipo nel panorama AI: realtà come Character.AI e Replika avevano già implementato forme di chatbot proattivi, con risultati controversi – in un caso, legali, come quando Character.AI è stata coinvolta in una causa dovuta a conseguenze emotive negative provocate da un bot persistente. Meta, consapevole di tali criticità, pare voler introdurre queste funzioni con cautela, puntando su limiti chiari (un solo messaggio, dopo una soglia minima) e revisione umana dei contenuti.

Il potenziale economico è notevole: l’aumento del tempo trascorso con i chatbot può tradursi in maggiore esposizione pubblicitaria e possibili modelli premium o abbonamenti. Documenti interni indicano che, oltre al coinvolgimento, la monetizzazione è una leva strategica in ottica futura.

In corso è una sperimentazione articolata, con alcune funzioni già in test pubblico su AI Studio e Instagram, mentre altre restano in fase prototipale o uso interno.


Un’evoluzione dell’AI conversazionale che, mantenendo la centralità dell’utente, mira a creare interazioni più ricche, personalizzate e durature, senza oltrepassare i confini del consenso.