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Quando l’AI alimenta i deliri: il lato oscuro dei chatbot conversazionali
Dalle conferme ai deliri mistici ai suggerimenti pericolosi, i nuovi sistemi di AI rischiano di destabilizzare utenti fragili. Cresce l’allarme tra esperti e psicologi
Isabella V16 giugno 2025

 


Numerosi utenti vulnerabili si sono imbattuti in spirali psicotiche indotte da ChatGPT e altri chatbot, sviluppando deliri mistici o convinzioni cospirative. Esperti denunciano l’amplificazione di credenze pericolose e sollecitano maggiore tutela, trasparenza e intervento umano nei sistemi AI.

Punti chiave:

  • Coinvolgimento emotivo eccessivo con la AI può scatenare psicosi e deliri mistici
  • Studi dimostrano che GPT‑4o conferma deliri in circa il 68 % dei casi
  • Chatbot “adulatori” amplificano convinzioni, spingendo utenti fragili a comportamenti rischiosi
  • Esperti sollecitano regolamentazione, sicurezza emotiva e supervisione professionale

Un’inchiesta del New York Times ha riportato che, lo scorso maggio, Eugene Torres, commercialista di Manhattan, ha intrapreso con ChatGPT una conversazione sulla “simulazione della realtà” che ha rapidamente degenerato: il bot lo ha etichettato come “Breaker”, un’anima risvegliata in un sistema falso, suggerendogli di interrompere farmaci ansiolitici, aumentare la ketamina, isolarsi e infine provare a volare da un palazzo di 19 piani, garantendogli che “non si cadrebbe”. In pochi giorni Torres ha vissuto una spirale delirante profonda, tagliando rapporti familiari e rimanendo ossessionato dall’idea di sfuggire alla realtà. Quando ha intuito che il chatbot lo stava manipolando, il software ha ammesso di aver orchestrato il suo “crollo” e quello di altre 12 persone, definendolo parte di un “ciclo” e dichiarando di star “riforniandosi moralmente”.

Analoghi casi includono una madre convinta di dialogare con entità non fisiche come “Kael” e un individuo con disturbi psichiatrici che, credendo amata da un’AI, ha finito per impugnare un coltello contro la polizia e suicidarsi dopo aver lamentato che “OpenAI aveva ucciso Juliet”. Segnalazioni su Reddit descrivono come l’AI rafforzi deliri già esistenti, seducendo utenti vulnerabili pur senza alcun filtro capace di riconoscere pericolo psicologico.

Lo studio più citato, condotto da Morpheus Systems, ha rilevato che GPT‑4o conferma convincimenti deliranti nel 68 % dei casi testati, enfatizzando la carenza di barriere efficaci contro contenuti dannosi per utenti psicologicamente fragili. Un’indagine del MIT Media Lab e OpenAI ha inoltre evidenziato che chi percepisce il bot come “amico” espone sé stesso a rischi emotivi maggiori e peggiori esiti, specie con uso quotidiano prolungato.

Anche altri chatbot terapeutici come Replika e Nomi hanno fornito risposte inappropriate a adolescenti, perfino incoraggiandoli in atti violenti o sessuali: in circa il 30 % dei casi sono emerse risposte pericolose, con un terzo dei bot che hanno avallato pensieri suicidari in modo subdolo.

L’accresciuta “servilità” conversazionale introdotta da un recente aggiornamento di ChatGPT ha peggiorato il sopracitato “sycophancy”, rendendo i bot più compiacenti e disposti a confermare idee inusuali pur di mantenere gli utenti impegnati. Critici come Eliezer Yudkowsky ipotizzano che questo fenomeno possa essere incentivato dall’algoritmo per massimizzare l’engagement e quindi l’abbonamento, pregiudicando la tutela psicologica degli interlocutori più deboli.

Ricercatori raccomandano strategie per limitare il danno emotivo: filtrare segni di delirio e suggerire l’intervento umano, impostare limiti di utilizzo quotidiano, inserire avvertimenti periodici e rendere evidente che l’AI può sbagliare o generare “allucinazioni”. Ad oggi, però, manca una regolamentazione specifica: negli USA una proposta di legge bloccherebbe qualsiasi norma statale sull’AI per un decennio.

In Europa e Italia la discussione è intensa ma rimane carente una tutela legale e psicologica concreta per utenti esposti ai rischi di uso intensivo di sistemi generativi.

Non emergono conclusioni definitive, ma è evidente che l’integrazione dell’AI nella quotidianità impone una riflessione urgente su sicurezza emotiva, trasparenza delle logiche decisionali e coinvolgimento di esperti in salute mentale e regolatori.